Anche la Romania vuole allargarsi in Africa - Nigrizia
Economia Politica e Società
Il 2024 annunciato come l'anno del rilancio diplomatico ed economico di Bucarest nel continente
Anche la Romania vuole allargarsi in Africa
Rispetto alla dittatura di Ceausescu, quando nel continente erano aperte 40 ambasciate, i tempi sono cambiati. Bucarest punta sugli studenti africani che ha formato nelle sue università per rilanciarsi
24 Gennaio 2024
Articolo di Rocco Bellantone
Tempo di lettura 4 minuti
Klaus Iohannis con il presidente Macky Sall durante la sua ultima visita in Senegal (Credit: @KlausIohannis profilo X)

Tour diplomatici e apertura di nuove ambasciate, contatti con ex studenti universitari, incentivi a investire per le imprese private. La Romania vuole tornare a far sentire la propria presenza in Africa.

I tempi del dittatore Ceausescu, che fu amico personale del presidente dell’allora Zaire Mobutu Sese Seko e alleato del dittatore libico Muhammar Gheddafi, sono lontani ormai quasi 35 anni. Dopo decenni di anonimato, Bucarest sente che è arrivato il momento di ritagliarsi un nuovo spazio nel continente.

Nel novembre scorso il presidente Klaus Iohannis non si è risparmiato nella sua trasferta africana. Ha visitato Kenya, Tanzania, Senegal, aggiungendo in corsa la tappa finale di Capo Verde, dove è stato ricevuto dal suo omologo José Maria Neves.

Nel 2024 saranno diversi i ministri del governo romeno a seguire le sue orme. Dopo anni di tagli alle spese destinate alla rivitalizzazione della cooperazione con i paesi africani, l’8 dicembre a Bucarest il ministro degli Esteri Luminița Odobescu ha lanciato il piano “Romania-Africa, un partenariato per un futuro di pace, sviluppo ed educazione”.

Nel rilancio dell’immagine e degli affari della Romania nel continente Odobescu punta sulla sponda garantita dalle migliaia di studenti originari di paesi africani che hanno studiato nelle università della Romania. Alcuni di questi studenti tornati in patria hanno fatto carriera.

Tra questi ci sono Ahmed Ould Teguedi, ex ministro degli Esteri della Mauritania, e Fidèle Gouandjika, consigliere speciale del presidente della Repubblica Centrafricana Faustin Archange Touadéra. Entrambi hanno studiato in Romania negli anni Novanta dopo la fine del regime di Ceausescu.

Gouandjika, che era stato ministro delle Telecomunicazioni e dell’Agricoltura con François Bozizé al potere, dopo la caduta dell’ex presidente centrafricano nel 2013 ha anche riparato per un breve periodo in Romania.

Nonostante i buoni contatti coltivati negli anni grazie alle sue università, rianimare la diplomazia romena non sarà semplice per il presidente Iohannis. Durante la lunga dittatura di Ceausescu (1965-1989, anno della sua deposizione e dipartita) erano arrivate a essere circa 40 le ambasciate aperte nel continente.

Oggi ne rimangono attive solo otto in Angola, Etiopia, Kenya, Nigeria, Senegal, Sudafrica, Sudan e Zimbabwe. Ma a differenza di Israele, che dopo la guerra dello Yom Kippur del 1973 abbandonò definitivamente molti dei propri presìdi diplomatici, Bucarest negli anni ha continuato a mantenere il controllo degli edifici di sua proprietà nelle capitali africane.

Tra le priorità del piano di rilancio presentato dal ministro Odobescu c’è proprio l’intenzione di riaprire alcune di queste ambasciate e mandare nuovo personale in quelle già operative.

Se i rapporti con i paesi nordafricani sono consolidati (a dicembre il capo dei servizi esteri del Marocco Yassine Mansouri è stato insignito della “Stella della Romania”, la più alta onorificenza romena, per aver contribuito alla liberazione di un ostaggio romeno in Burkina Faso), lo stesso non può dirsi per le relazioni con i paesi dell’Africa subsahariana.

Ad oggi solo Nigeria, Repubblica democratica del Congo e Sudan hanno una propria rappresentanza diplomatica a Bucarest, mentre il Sudafrica dopo la pandemia non ha ancora riaperto la sua ambasciata.  

Qualcosa la Romania ha iniziato a fare anche sul fronte cooperazione militare. Nel 2021 ha inviato 46 suoi soldati nel Sahel nell’ambito di “Takuba”, missione militare multilaterale a guida francese in Mali poi interrotta nell’estate del 2022. Ma è a livello imprenditoriale che vuole provare a dare una vera sterzata.

A marzo un vertice economico organizzato a Bucarest dall’OIF (Organizzazione Internazionale della Francofonia), di cui anche la Romania è membro dal 1993, sarà l’occasione per far entrare in contatto imprenditori romeni con politici e uomini d’affari dei tanti paesi africani francofoni invitati all’evento.

Nel 2023 la segretaria generale dell’OIF, la politica rwandese Louise Mushikiwabo, ha visitato la Romania due volte incontrando in entrambi i casi il presidente Iohannis.

Al momento i grandi investitori romeni nel continente non sono molti. Tra questi il nome di maggior spicco è quello di Frank Timis, che gestisce affari legati all’estrazione di minerali e petrolio in Burkina Faso e Senegal. Con il summit di marzo Bucarest vuole invertire anche questa tendenza.

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